CAPITOLO 27

Ove si parla della seconda specie di rivelazioni, cioè delle manifestazioni di segreti e misteri

nascosti. Si mostra come esse possano servire all’unione con Dio o impedirla e come il

demonio possa ingannare facilmente su questo punto.
 

1. Dicevo che la seconda specie di rivelazioni consiste nella manifestazione di segreti e misteri

nascosti, e ciò secondo due tipi. Il primo ha per oggetto Dio in sé e include la rivelazione del

mistero della santissima Trinità e Unità di Dio. Il secondo riguarda ciò che Dio è nelle sue opere;

comprende gli altri articoli della nostra fede cattolica e le verità che ne possono derivare

esplicitamente. Le proposizioni comprendono e racchiudono un gran numero di rivelazioni dei

profeti, di promesse e di minacce di Dio, nonché avvenimenti riguardanti la fede che dovevano o

devono accadere. In questo secondo tipo possiamo altresì includere molte altre cose particolari che

Dio ordinariamente rivela, sia sull’universo in generale, sia in particolare su una nazione, una

provincia, uno stato, una famiglia o alcune persone determinate. Di questa duplice rivelazione

abbiamo numerosi esempi negli scritti sacri, soprattutto nei profeti, nei quali si trovano rivelazioni

di ogni genere. La cosa è talmente chiara e semplice, che non voglio perdere tempo nel riportarli.

Mi limito a dire che queste rivelazioni non avvengono solo tramite le parole; Dio può esprimerle in

diversi modi e mezzi: a volte si serve solo di parole; altre volte ricorre a segni, figure, immagini o

similitudini; altre volte, infine, si serve sia delle parole che dei simboli, come ad esempio nel caso

dei profeti e specialmente nel libro dell’Apocalisse. Ivi troviamo non solo tutti i generi di

rivelazioni, di cui ho parlato sopra, ma anche le diverse specie e i vari tipi di cui sto trattando.
 

2. Anche ai nostri giorni Dio accorda rivelazioni che appartengono al secondo tipo. Infatti, di solito

manifesta ad alcune persone il tempo che hanno da vivere, le fatiche che dovranno affrontare, cosa

accadrà a tale o tal altra persona, a questa o a quella nazione, ecc. Rivela, inoltre, le verità

riguardanti i misteri della nostra fede e concede allo spirito di comprenderle; tuttavia non è questo

che si chiama propriamente rivelazione, in quanto verità già rivelata, ma piuttosto essa è una

manifestazione o una spiegazione di quanto è già stato rivelato.
 

3. Il demonio può intromettersi in questo genere di rivelazioni con molta facilità. Poiché esse

ordinariamente avvengono attraverso parole, figure e somiglianze, ecc., il demonio può benissimo

fingere qualcosa di simile, molto più di quando esse avvengano solamente nello spirito. Ebbene, sia

che si tratti del primo o del secondo tipo di rivelazione, sia che ci venga rivelato qualcosa di nuovo

o diverso circa la nostra fede, non dobbiamo in nessun modo acconsentirvi, anche se avessimo la

certezza che è un angelo del cielo a manifestarci tutto questo. A tale riguardo san Paolo afferma:

Licet nos, aut angelus de caelo evangelizet vobis praeterquam quod evangelizavimus vobis,

anathema sit: Se anche noi stessi o un angelo disceso dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da

quello che vi abbiamo predicato, sia anatema! (Gal 1,8).
 

4. Poiché non vi sono più articoli da rivelare circa la sostanza della nostra fede, al di fuori di quelli

già rivelati alla Chiesa, non solo non dobbiamo accettare una novità che venisse rivelata all’anima,

ma, anzi, è prudente respingere le novità contenute in tale rivelazione. Per conservare la purezza è

opportuno che l’anima resti nella fede. Se le venissero manifestate nuovamente verità già rivelate,

non deve crederle perché le sono rivelate un’altra volta, ma perché sono già state sufficientemente

manifestate alla Chiesa. Occorre che chiuda loro gli occhi dell’intelletto, si attacchi con semplicità

alla dottrina della Chiesa e alla sua fede, che, come dice san Paolo, entra attraverso l’udito (Rm

10,17). E non presti credito né attenzione a queste verità di fede rivelate nuovamente, anche se le

sembrano più conformi alla ragione e più vere, se non vuole essere ingannata. Il demonio, infatti,

per poter ingannare e insinuare menzogne, prima adesca con verità e con certe cose molto

verosimili per dare sicurezza, ma subito dopo inganna. Si comporta come colui che cuce il cuoio

con la setola: prima infila la setola rigida poi quella morbida, che senza quella non potrebbe

penetrare.

5. Si faccia molta attenzione su questo punto. Anche se fosse vero che non v’è alcun pericolo di

cadere in tale inganno, è opportuno che l’anima non cerchi di comprendere chiaramente le verità

della fede, per mantenere puro e intatto il suo merito e anche per introdursi, attraverso la notte

dell’intelletto, alla luce divina dell’unione. È di somma importanza attenersi ciecamente alle

profezie del passato, ogni volta che si presenti qualche nuova rivelazione. Così l’apostolo Pietro,

pur avendo in qualche modo visto la gloria del Figlio di Dio rivelata sul monte Tabor, tuttavia nella

sua seconda lettera scrive: Et habemus firmiorem propheticum sermonem; cui bene facitis

attendentis, ecc.: sebbene sia certa la visione che abbiamo avuto di Cristo sul monte, abbiamo però

una parola ancor più sicura, quella dei profeti, alla quale fate bene a prestare attenzione (2Pt

1,19).
 

6. Se è vero che, per i motivi suddetti, è opportuno chiudere gli occhi alle rivelazione che

riguardano proposizioni di fede, quanto più sarà necessario non accettare né prestare credito alle

altre rivelazioni che riguardano cose differenti! In esse il demonio usa intromettersi così bene, che

ritengo impossibile che non venga ingannato chi non cerca di respingerle, vista la loro apparenza di

verità e la persuasione che il maligno suggerisce con esse. Egli, infatti, mette insieme

verosimiglianze e convenienze perché vengano credute e le imprime così profondamente nei sensi e

nell’immaginazione che si è convinti che tali rivelazioni si avvereranno proprio in quel modo.

L’anima vi aderisce e vi si attacca in maniera tale che, se non ha umiltà, molto difficilmente si

riuscirà a distaccarla e a farle credere il contrario. Per questo motivo l’anima pura, prudente,

semplice e umile, con tutte le sue forze e il suo impegno deve ricusare e respingere le rivelazioni e

le visioni come tentazioni molto pericolose, perché per tendere all’unione d’amore non è necessario

desiderarle, anzi bisogna rifiutarle. A questo allude Salomone quando afferma: Che bisogno ha

l’uomo di volere e cercare cose che sono al di sopra della sua capacità naturale? (Qo 7,1), come a

dire: per essere perfetto l’uomo non ha alcun bisogno di volere cose soprannaturali per via

soprannaturale, cioè al di sopra delle sue capacità.
 

7. Alle obiezioni che si possono muovere contro questa dottrina si è già risposto nei capitoli 21 e

22; rimando quindi a quei capitoli e mi limito a dire che l’anima si guardi da tutte queste

manifestazioni per camminare pura e senza errori nella notte della fede verso l’unione divina.