CAPITOLO 3
 

Ove si parla di alcune imperfezioni in cui cadono alcuni principianti circa l’avarizia spirituale, che è il secondo vizio capitale.


1. A volte, molti di questi principianti cadono in una grande avarizia spirituale, perché

6non si contentano della vita spirituale che Dio dona loro. Sono molto scontenti e

insoddisfatti perché non trovano la consolazione che si aspettavano dagli esercizi di

pietà. Molti non si stancano mai di chiedere consigli o di apprendere regole di vita

spirituale, di possedere o di leggere una grande quantità di libri che trattano di questo

argomento. Spendono più tempo in questo che nel praticare la mortificazione o nel

perfezionare la povertà di spirito come dovrebbero. Oltre a questo, si caricano

d’immagini e di corone del rosario molto originali; ne lasciano alcune per prenderne

altre; le cambiano e le ricambiano; le vogliono ora in un modo ora in un altro,

affezionandosi più a questa croce che a quella, perché più originale. Inoltre si vedono

altri principianti ricoperti di agnusdei, di reliquie o di “liste di santi”, come i fanciulli

dei loro giocattoli. In tutto questo io condanno lo spirito di possesso, perché

l’attaccamento che nutrono per la forma, la quantità e la rarità di tali oggetti è contrario

alla povertà di spirito. Questa bada unicamente alla sostanza della devozione,

contentandosi di ciò che basta ad alimentarla, mentre la quantità e la rarità degli oggetti

porta alla noia. La vera devozione, infatti, deve partire dal cuore e guardare solo alla

verità e alla sostanza di ciò che tali oggetti di devozione rappresentano. Tutto il resto

non è che attaccamento e spirito di possesso dovuto a imperfezione, sicché per arrivare

in qualche modo allo stato perfetto occorre liberarsi da simili tendenze sregolate.
 

2. Ho conosciuto una persona che per più di dieci anni si è servita di una croce fatta

rozzamente con un ramo benedetto, fissata con un fil di ferro ripiegato all’intorno; non

l’aveva mai lasciata e la portò sempre addosso finché non gliela tolsi. Ebbene, non era

una persona di poco giudizio o di scarso buon senso. Ho conosciuto un’altra persona

che pregava con una corona fatta di lische di pesce; certamente la sua devozione non era

meno preziosa agli occhi di Dio. È fuori dubbio che queste due persone non riponevano

la loro devozione nella forma o nel valore di tali oggetti. Coloro, quindi, che seguono

rettamente questi principi non si attaccano a questi strumenti visibili, non se ne

aggravano né si preoccupano di sapere più di quanto conviene sapere per poter agire;

mirano solo ad approfondire il loro rapporto con Dio e a piacergli. Questo è il loro unico

desiderio. Danno con generosità tutto ciò che possiedono e la loro gioia consiste nel

privarsi dei beni, sia spirituali che temporali, per amore verso Dio e per carità verso il

prossimo. Costoro, ripeto, mirano in realtà solo alla vera perfezione interiore, cioè a

piacere a Dio e a rinunciare a se stessi, in tutto.
 

3. Ma l’anima non può purificarsi completamente nemmeno da queste imperfezioni,

come anche dalle altre, finché Dio non la colloca nella purificazione passiva di quella

notte oscura di cui parlerò tra poco. È necessario, però, che l’anima, da parte sua, faccia

quanto le è possibile per perfezionarsi, al fine di meritare che il Signore la sottoponga a

quella purificazione che la guarisce da tutte le imperfezioni da cui non era riuscita a

liberarsi da sola. Malgrado il suo impegno, l’anima non può con le sue forze

raggiungere quella purificazione che la dispone, sia pure minimamente, all’unione con

Dio nella perfezione dell’amore. Occorre che Dio prenda l’iniziativa e la purifichi nel

fuoco per lei oscuro, e questo in un modo di cui dirò in seguito.