CAPITOLO 29
Ove si parla della prima specie di parole che a volte lo spirito forma in sé, quando è raccolto.
Vengono esposti la causa, i vantaggi e i danni che possono nascondersi in esse.
1. Le parole successive si presentano sempre quando lo spirito è raccolto e profondamente assorto
in qualche considerazione. Discorre sulla materia che lo attrae, passa da un pensiero all’altro, forma
parole e ragionamenti molto appropriati con tale facilità e precisione da scoprire su quell’argomento
cose che gli erano sconosciute; gli sembra di non essere lui l’autore di tutto questo, ma un’altra
persona che formula ragionamenti nel suo intimo, che risponde e insegna. In realtà, ha davvero
ragione di pensare in tal modo, perché egli ragiona e risponde a se stesso come se fosse in
conversazione con un’altra persona. E in qualche modo è proprio così, perché, anche se lo spirito
funge da strumento, molte volte è lo Spirito Santo che lo aiuta a produrre e a formare quei pensieri,
quelle parole e quei ragionamenti pieni di verità. La persona, dunque, dice a se stessa queste cose
come se si trovasse con un’altra persona. Infatti l’intelletto è unito alla verità che prende in
considerazione ed è profondamente raccolto. Anche lo Spirito divino è unito a esso attraverso
questa verità, come del resto è unito a ogni verità. Ne segue che l’intelletto, comunicando in tal
modo con lo Spirito divino mediante quella verità, insieme con lui e successivamente forma nel suo
intimo le altre verità relative a quella che stava considerando. Ma è lo Spirito Santo, che appunto
insegna, ad aprirgli la porta e a comunicargli la sua luce. Questo è uno dei modi di cui si serve lo
Spirito Santo per insegnare.
2. In questo modo l’intelletto, illuminato e istruito da tale Maestro, comprende quelle verità e
contemporaneamente forma da sé quelle parole su verità che gli vengono comunicate da un’altra
parte. Si può, quindi, dire che la voce è di Giacobbe, ma le mani sono di Esaù (Gn 27,22). Colui
che fa tale esperienza, non potrà mai credere che quelle espressioni e parole non gli vengano da una
terza persona, perché non sa con quale facilità l’intelletto può formare da sé parole su pensieri e
verità che gli possono venir comunicati anche da una terza persona.
3. Anche se è vero che tali comunicazioni e illuminazioni fatte all’intelletto di per sé non
contengono inganno alcuno, tuttavia può esserci e molte volte c’è inganno nelle parole formali e nei
ragionamenti che l’intelletto vi costruisce sopra. La luce che gli viene comunicata, talvolta è molto
sottile e spirituale, ragion per cui l’intelletto non riesce a farsene un’idea esatta, ed è lui, come
dicevo, che forma da sé i suoi ragionamenti. Ne segue che molte volte ne forma di falsi, altre volte,
invece, tali ragionamenti saranno verosimili o difettosi. Proprio perché all’inizio l’intellettocomincia ad afferrare il filo della verità, ma poi vi aggiunge la sua abilità o la grossolanità dei suoi
bassi modi d’intendere, esso può facilmente variare a seconda della sua capacità, e tutto come se gli
stesse parlando un altro.
4. Ho conosciuto una persona che aveva queste locuzioni successive. Alcune riguardanti il
santissimo sacramento dell’eucaristia erano perfettamente vere e sostanziali; altre, invece, erano
autentiche eresie. Mi spaventa molto ciò che accade ai nostri giorni, in cui una qualsiasi anima
pervenuta a un certo livello di meditazione appena sente qualche locuzione di questo genere durante
il raccoglimento, subito dichiara che si tratta di parole provenienti da Dio. È convinta che sia così e
va ripetendo: «Dio mi ha detto», «Dio mi ha risposto». Ma non è nulla di tutto questo. Come ho
dichiarato, sono queste anime che il più delle volte parlano così a se stesse.
5. Oltre a questo, il desiderio e l’attaccamento che queste anime nutrono nel loro spirito per tali cose
fanno sì che si rispondano da sole e pensino che sia Dio a farlo e a parlare loro. Così cadono in
gravi spropositi, se non sanno frenarsi e se il direttore spirituale non impone loro la rinuncia a tale
genere di discorsi. Esse ne ricaveranno più loquacità e impurità d’anima che umiltà e mortificazione
spirituale. Immagineranno che sia stato un grande favore e che Dio abbia parlato; invece è stato
poco più di niente, oppure niente o meno di niente. Difatti ciò che non genera umiltà, carità,
mortificazione, santa semplicità e silenzio, ecc., che cosa può essere? Affermo, dunque, che queste
locuzioni possono ostacolare molto l’anima nel suo cammino verso l’unione divina, perché, se vi dà
importanza, l’allontanano molto dalla profondità della fede, ove l’intelletto deve rimanere
nell’oscurità per avanzare nel segno dell’amore nella notte della fede, non a forza di ragionamenti.
6. Mi dirai: perché l’intelletto deve privarsi di queste verità se con esse lo Spirito di Dio illumina
l’intelletto? E, allora, che male c’è a occuparsene? Ti rispondo che lo Spirito Santo illumina
l’intelletto raccolto e lo illumina in virtù di questo suo raccoglimento. Ora, poiché questa facoltà
non può conseguire maggiore raccoglimento che nella fede, lo Spirito Santo non la illuminerà di più
se non nella fede. Quanto più un’anima è pura e impegnata a vivere nella fede, tanta più carità
infusa da Dio riceverà; e quanta più carità possiede, tanto più lo Spirito Santo la illumina e le
comunica i suoi doni, perché la carità è la causa di tali doni e il mezzo attraverso cui egli li
comunica. Sebbene sia vero che Dio nell’illuminazione di quelle verità comunichi all’anima un po’
di luce, tuttavia la luce della fede è assai diversa per qualità, pur essendo molto oscura;
qualitativamente essa è come l’oro purissimo rispetto al metallo più vile; quantitativamente è
superiore quanto è il mare rispetto a una goccia d’acqua. Nella prima comunicazione, infatti, le
viene offerta la conoscenza di una, due o tre verità, ecc. In quella della fede, invece, le viene
comunicata tutta la sapienza di Dio in generale, cioè il Figlio di Dio che le si comunica attraverso la
fede.
7. Se mi dici che tutte queste conoscenze sono buone e che l’una non ostacola l’altra, ti rispondo
che tutte nuocciono all’anima, se dà loro importanza. Difatti ciò equivarrebbe a occuparsi di verità
chiare e di scarsa rilevanza, ma che sono sufficienti a impedire le comunicazioni che avvengono
nella profondità della fede. Ivi Dio istruisce l’anima in maniera soprannaturale e segreta,
l’arricchisce di virtù e di doni, senza che essa possa comprendere. Il profitto che si vuol ricavare da
quelle comunicazioni successive, non proviene dall’applicazione dell’intelletto a esse, perché in tal
caso le allontanerebbe da sé, come afferma la Sapienza nel Cantico: Distogli da me i tuoi occhi,
perché mi fanno volare (Ct 6,4 Volg.), cioè mi fanno volare lontano da te e mi collocano più in alto.
L’anima, invece, senza forzare l’intelletto a considerare ciò che le viene comunicato
soprannaturalmente, applichi la volontà ad amare Dio con semplicità e purezza, perché quei beni le
vengono concessi per mezzo dell’amore, e persino in misura maggiore che in passato. Se l’anima,
quando riceve passivamente questi favori soprannaturali, fa intervenire attivamente l’abilità naturale
del suo intelletto o di altre facoltà, non potrà mai raggiungere il livello di tali realtà soprannaturaliattraverso questi canali troppo grossolani. Vorrà, quindi, per forza, ridurre al suo modo di vedere queste conoscenze e di conseguenza cambiarne la natura. L’anima necessariamente cadrà in errore e
formerà da sé i ragionamenti, in modo tale che quanto essa sente non sarà qualcosa di
soprannaturale né gli somiglierà. Al contrario, sarà molto naturale, erroneo e vile.
8. Vi sono, tuttavia, persone dall’intelletto molto vivo e sottile che, quando sono raccolte in qualche
meditazione discorsiva, con grande naturalezza e facilità formano concetti e ragionamenti molto
chiari su queste locuzioni e pensano, né più né meno, che vengano da Dio. Invece sono frutto
soltanto del loro intelletto che, libero dall’attività dei sensi e senza alcun aiuto soprannaturale, può
produrre questi e più grandi risultati. Vi sono molti casi di questo genere e molte persone si
sbagliano credendo che si tratti di orazione profonda e di comunicazione di Dio. Lo scrivono anche
e lo fanno scrivere. Accade poi che tutto si riduce a nulla, e in tutto questo non vi è la minima
traccia di virtù e serve solo ad alimentare la vanità.
9. Imparino, dunque, queste anime a non badare alle parole successive, ma a fondare la volontà
nella forza dell’amore umile, nella pratica di opere veramente buone, a soffrire imitando la vita e le
mortificazioni del Figlio di Dio. Questo è il cammino che conduce ai beni spirituali, non i molti
discorsi interiori.
10. Va, inoltre, detto che il demonio s’insinua spesso in questo genere di parole interiori successive,
soprattutto quando le anime presentano qualche inclinazione o attaccamento a esse. Nel momento in
cui cominciano a raccogliersi, il demonio è solito offrire loro bastante materia di digressioni e per
mezzo delle sue suggestioni indurre l’intelletto a formare concetti e parole. In questo modo le fa
cadere in rovina e le inganna subdolamente con proposte verosimili. Questo è uno dei modi
attraverso cui egli si comunica a coloro che hanno fatto con lui un qualche patto, tacito o esplicito.
In questo modo egli si comunica, altresì, ad alcuni eretici, soprattutto ad alcuni eresiarchi,
riempiendo il loro intelletto di concetti e ragionamenti molto sottili, falsi ed erronei.
11. Da quanto detto risulta che queste locuzioni successive possono essere originate nell’intelletto
da tre cause, cioè dallo Spirito divino, che muove e illumina l’intelletto, dal lume naturale
dell’intelletto stesso e dal demonio, che può parlargli per via di suggestione. È molto difficile
enumerare tutti i segni e gli indizi che possono mostrare quando queste parole derivino dall’una o
dall’altra causa, ma è possibile fornire i seguenti indizi generali. Quando l’anima, insieme con le
parole e i concetti, sente un amore pieno di umiltà e di riverenza per il Signore, è segno che lo
Spirito Santo è presente, perché egli non accorda mai simili favori senza rivestirli di queste virtù.
Quando queste parole procedono dall’attività e dal lume dell’intelletto, è tale facoltà che compie
questo lavoro, ma senza le virtù, sebbene la volontà possa amare naturalmente Dio quando è istruita
e illuminata sulle verità. Tuttavia, terminata la meditazione, la volontà resta nell’aridità, senza
essere per questo portata alla vanità o al male, a meno che il demonio non intervenga per tentarla di
nuovo su questo punto. Ciò non accade quando queste parole provengono dallo Spirito Santo.
Difatti, in tal caso, la volontà rimane abitualmente affezionata a Dio e incline al bene. Nondimeno
può accadere che a volte la volontà rimanga nell’aridità, anche se la comunicazione veniva dallo
Spirito Santo. Dio permette ciò per un bene più grande dell’anima. Altre volte, ancora, l’anima
avvertirà molto debolmente queste operazioni o movimenti verso le virtù suddette, nonostante sia
buono quanto ha provato. Per tutti questi motivi, dico che a volte è difficile conoscere le rispettive
differenze tra queste parole, per i diversi effetti che di volta in volta producono. Tuttavia gli effetti
che ho descritto sono i più comuni, sebbene si manifestino con più o meno intensità. A volte non è
facile comprendere e riconoscere neanche le locuzioni che vengono dal demonio. Difatti, anche se è
vero che queste ordinariamente lasciano la volontà nell’aridità nei riguardi dell’amore di Dio e
inclinano lo spirito alla vanità, alla stima e alla compiacenza di sé, tuttavia a volte generano una
falsa umiltà e un’ardente affezione della volontà, basata sull’amor proprio, uno stato di cose,insomma, difficilmente riconoscibile dalla persona, a meno che questa non sia molto spirituale. Il
demonio si comporta in questo modo per mascherarsi meglio; egli, del resto, a volte riesce
benissimo a far versare lacrime sui sentimenti che provoca, per istillare nell’anima le affezioni che
vuole. Non tralascia nulla per spingere continuamente la volontà a stimare queste comunicazioni
interiori, ad annettervi molta importanza, perché vi si dedichi e occupi l’anima non in ciò che è
virtù, ma occasione di perdere anche quella che si potrebbe avere.
12. È necessario, quindi, attenersi alla seguente cautela, per non essere ingannati né irretiti da simili
locuzioni: non dare ad esse alcuna importanza. Piuttosto si cerchi soltanto di orientare con forza la
volontà verso Dio, praticando alla perfezione la sua legge e i suoi santi consigli. Questa è la
sapienza dei santi. Contentiamoci di conoscere i misteri e le verità con la semplicità e la limpidezza
con cui ce li propone la Chiesa. Questo basterà a infiammare molto la volontà, senza dedicarsi a
ricerche profonde e curiose, nelle quali solo per caso non s’incontrano pericoli. Anche san Paolo a
tale riguardo dice così: Non occorre sapere più di quanto è necessario (Rm 12,3). Ciò basta per
quanto concerne la spiegazione delle parole successive.