CAPITOLO 9
Ove si prova come la fede sia per l’intelletto il mezzo immediato e adeguato che conduce
l’anima all’unione divina d’amore. Viene dimostrato con testi e immagini tratti dalla sacra
Scrittura.
1. Da quanto detto si deduce che, per disporsi a questa unione divina, l’intelletto deve rimanere
libero e purificato da tutto ciò che cade sotto i sensi, spoglio e sgombro da tutto quanto potrebbe
conoscere chiaramente, intimamente pacificato, ridotto al silenzio, stabilito nella fede, unico mezzo
immediato e adeguato all’unione dell’anima con Dio. È così grande, infatti, la somiglianza tra la
fede e Dio, che non c’è differenza tra il vedere Dio qual è e il credere in lui: Dio è infinito, ed essa
ce lo propone infinito; Dio è uno e trino, ed essa ce lo propone uno e trino; Dio è tenebra per la
nostra intelligenza, e anch’essa è oscurità e tenebra per la nostra intelligenza. La fede è l’unico
mezzo attraverso cui Dio si manifesta all’anima nella luce divina che supera ogni intelligenza. E
così, quanto più l’anima ha fede, tanto più è unita a Dio. Ciò è quanto intendeva dire l’autore
biblico nel passo citato sopra: Chi si accosta a Dio deve credere che egli esiste (Eb 11,6), cioè è
necessario che vada a lui camminando nella fede. L’intelletto deve restare nell’oscurità e nelle
tenebre, lasciandosi guidare solo dalla fede, perché in queste tenebre Dio si comunica all’intelletto e
in esse si nasconde, secondo le parole di Davide: Fosca caligine pose sotto i suoi piedi. Cavalcava
un cherubino e volava, si librava sulle ali del vento. Si avvolgeva di tenebre come di velo; acque
oscure e dense nubi lo coprivano (Sal 17,10-12).
2. Le espressioni: pose fosca caligine sotto i suoi piedi, si avvolgeva di tenebre e acque oscure e
dense nubi lo coprivano vogliono indicare l’oscurità della fede in cui Dio è avvolto. Le altre:
cavalcava un cherubino e volava e si librava sulle ali del vento vogliono dire che egli trascende
ogni intelletto; i cherubini, infatti, significano gli essere intelligenti o contemplanti. E le ali del
vento significano le sottili e acute conoscenze, nonché le cognizioni degli spiriti, sopra tutte le quali
si libra il suo essere, che nessuno può raggiungere con le proprie forze.
3. Una figura di questa verità la troviamo nella sacra Scrittura, ove si legge che, quando Salomone
ebbe finito di edificare il tempio, Dio vi scese in una nube e lo riempì d’una oscurità tale che i figli
d’Israele non potevano vedere nulla. Salomone, allora, si espresse in questi termini: Il Signore hadeciso di abitare nella densa nube (1Re 8,12). Ugualmente in una nube, dove si nascondeva, Dio apparve a Mosè sul monte. Tutte le volte che Dio si manifestava nella sua maestà, appariva in una
nube, come vediamo nel libro di Giobbe (38,1 e 40,1), dove si legge che Dio gli parlò di mezzo al
turbine. Tutte queste tenebre significano l’oscurità della fede in cui è nascosta la Divinità mentre si
comunica all’anima. Una volta avvenuto l’intervento divino, come dice san Paolo, quello che è
imperfetto scomparirà (1Cor 13,10): scompariranno, cioè, le tenebre della fede e verrà ciò che è
perfetto, ossia la luce di Dio. Di tale verità abbiamo una figura significativa nell’esercito di
Gedeone. Tutti i suoi soldati, si dice, avevano le fiaccole in mano, ma non le vedevano, perché le
tenevano nascoste dentro brocche vuote. Rotte queste, apparve d’improvviso la luce (Gdc 7,16ss).
Così è la fede, simboleggiata da queste brocche. Essa contiene in sé la luce divina, ma nel momento
in cui questa virtù cesserà, al termine di questa vita mortale, apparirà subito la gloria e la luce della
Divinità in essa racchiusa.
4. È, quindi, chiaro che l’anima, in questa vita, per arrivare a unirsi e intrattenersi immediatamente
con Dio, deve necessariamente penetrare in questa tenebra, ove Dio aveva promesso a Salomone di
abitare; deve avvicinarsi a quella nube oscura, ove Dio volle rivelare i suoi segreti a Giobbe, e
prendere nelle mani le brocche vuote di Gedeone, per poter agire alla luce della fede oscura
nell’unione d’amore con Dio. Ben presto, quando si romperanno le brocche di questa vita, unico
impedimento alla luce della fede, essa lo potrà vedere faccia a faccia nella gloria.
5. Non mi resta, ora, che parlare, in particolare, delle diverse conoscenze e percezioni che
l’intelletto può acquisire, come pure degli ostacoli e dei danni che l’anima può incontrare in questo
cammino di fede. Spiegherò altresì come l’anima deve comportarsi in tali conoscenze, provenienti
sia dai sensi sia dallo spirito, perché le siano di giovamento e non di danno.